Molte volte un percorso terapeutico non va a buon fine per le resistenze che il paziente oppone al processo di riequilibrio interiore: sembra che una forza nascosta impedisca in tutti i modi questo percorso.
Il paziente preferisce il disagio allo star bene, la depressione alla felicità, la paura al coraggio.
Da dove vengono queste resistenze e chi le provoca?
Sigmund Freud, che per primo le identificò, diede a questo interrogativo una sua risposta che mi ha soddisfatto fino ad un certo punto, mentre invece penso di averne trovata una calzante combinando alla psicanalisi l’analisi transazionale.
Innanzitutto mi preme sottolineare che la nostra condizione umana fatta di solitudine e di angoscia è generata dal fatto che siamo soli, dispersi nell’universo, senza alcun contatto con nessuno. Non sappiamo né da dove veniamo, né dove dobbiamo andare, né soprattutto perché ogni cosa -errori/gioie/dolori-, gravi sulle nostre spalle e sulle nostre coscienze.
E’ una sensazione antichissima, ancestrale.
Per contenerla e per darsi una ragione di esistenza, gli uomini nelle diverse epoche e culture, hanno creato Dio a propria immagine e somiglianza, gli Dei dell’Olimpo, il Dio della Bibbia, il Vaikunta induista, l’Olimpo degli Ariani, il Paradiso degli Arabi, e così via, all’infinito.
Quindi alla domanda “Chi è Dio?”, la risposta è “Dio è il responsabile dei nostri destini, delle nostre gioie, dolori, sconfitte e vittorie”.
“Dio lo vuole”, “A Dio piacendo”…:quante volte abbiamo usato e sentito usare queste frasi?!
Le Chiese se ne sono impossessate per rafforzare il loro potere terreno a uso e consumo di pochi e a danno di altri, tantissime persone si sono proposte come tramite con Dio per poter manipolare gli altri e trarne profitto, e quell’angoscia di profonda solitudine è tanto radicata che le masse, li hanno seguiti e li seguono fino al sacrifico estremo.
Eppure c’è un momento nella vita in cui tutti noi incontriamo Dio, in cui possiamo toccarlo, in cui ci parla, ci accudisce, ci fa crescere, ci premia o ci punisce: infatti i nostri genitori, mamma e papà, incarnano l’archetipo dell’inconscio collettivo della Madre e del Padre.
I nostri genitori sono quelli che ci hanno dato la vita, ci hanno nutrito, vestito, educato…noi a loro dobbiamo tutto.
L’averci messi al mondo risponde in parte ad una spinta biologica, in parte a fattori culturali perché non c’è famiglia senza figli-, in parte a un bisogno di maternità o paternità; risponde quindi a tantissime ragioni, ognuna delle quali è dettata da una spinta egoistica che a volte è talmente forte da far sentire i genitori, più o meno inconsciamente, proprietari del destino dei propri figli.
Durante il periodo che va dalla nascita ai 5 anni le figure parentali trasmettono ai figli i cosiddetti “messaggi di copione” che concorrono a formare un piano di vita inconscio che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina con una scelta decisiva.
Questi messaggi di copione sono le resistenze che ci impediscono di uscire dal vortice dei nostri disagi.
Se i messaggi di copione, che tra l’altro sono i contenuti emozionali che formano il carattere, sono in accordo con il nostro temperamento non sussistono grossi problemi, l’equilibrio è un fatto naturale.
Se invece seguono una direzione diversa dal temperamento nascono i conflitti e quindi i disagi.
Questi possono essere superati o creandosi una realtà fittizia (cadendo nei disturbi di personalità), oppure con una adeguata psicoterapia che abbia come obiettivo quello della ristrutturazione dei messaggi di copione favorendo l’integrazione tra carattere e temperamento, così da arrivare a un primo equilibrio che ci metta in condizione di crescere e migliorare costantemente sviluppando i nostri talenti naturali.
Il metodo migliore per riuscire a raggiungere questo obiettivo è l’ipnosi regressiva, in quanto:
rende consapevole il rimosso (cioè tutte quelle emozioni che hanno inciso fortemente sulla nostra personalità e proprio per la loro forza violenta e dirompente sono state relegate nel limbo dell’amnesia);
permette una rielaborazione immediata dei traumi e dei messaggi di copione;
innesca fin da subito una sensazione di liberazione e benessere che spinge e motiva il paziente a proseguire sulla strada intrapresa;
aiuta a trovare la consapevolezza della nostra autonomia, delle nostre capacità;
permette un recupero veloce dell’autostima.
E’ doveroso dirlo: l’ipnosi, pur se pur molto efficace non è la panacea di tutti i mali; se mancano la motivazione e la forza di volontà da parte del paziente, se non vi è “in nuce” almeno un barlume di carattere, non si può far nulla: i messaggi di copione purtroppo avranno la meglio.